CALCIO ARGENTINO : Antica e Moderna Passione

CALCIO ARGENTINO : Antica e Moderna Passione
 di Marco Toccafondi 









Buenos Aires, è "La Parigi del Sudamerica". Strategie di marketing turistico: un' architettura di origine Europea, popolazione cordiale, caritatevole, dotata di una raffinatezza innata che si spande dall'elegante quartiere della Recoleta fino alle baraccopoli. Tuttavia se si parla di calcio ricorda Londra, non più Parigi.
Non esiste, infatti, nessuna altra città al mondo, che abbia un numero così alto di squadre di calcio, addirittura nella stessa Capital Federal (cioè il distretto metropolitano di Buenos Aires, che da solo conta quasi 4 milioni di abitanti).
Ve ne sono a decine, tanto che in passato si divideva il calcio argentino addirittura in un campionato metropolitano (la Capital Federal) e in quello nazionale.
Fino a poco tempo fa vi si disputavano due distinti campionati, come se da noi si assegnasse uno scudetto all' andata (il cosiddetto campione d'inverno) ed un altro al ritorno. Attualmente invece ci sono trenta partite con la sola andata e i cosiddetti " clásici" con andata e ritorno.

Buenos Aires, dunque, perfino da questo punto di vista ricorda l'Inghilterra, una nazione che gli argentini tanto odiano, ma che in fondo un po' stimano.
Proprio in una delle piazze più famose della città, davanti alla stazione centrale dei treni, sorge la Torre degli inglesi ed il calcio stesso in Argentina è un' autentica religione; pur ammettendo, invero con una certa fatica, che il gioco lo hanno inventato gli inglesi, sono convinti che sono loro ad interpretarlo al meglio.

Non è un caso che proprio a Buenos Aires siano nati due dei tre più grandi calciatori di tutti i tempi: Diego Armando Maradona e Alfredo Di Stéfano; secondo Rino Tommasi, ma non solo, è quest'ultimo il più grande di tutti né Diego né Pelè. Ma si sa, con questa classifica a tre è un po' come con l'uovo e la gallina: non ci sarà mai né una risposta né un' opinione univoca.

Il calcio a Baires è religione, tradizione, rito: ha un' origine popolare e un po' ambigua, come il tango del resto, l'altra religione nazionale, con riti e manifestazioni sia pubbliche che spontanee, talvolta ambigue come lo è questa meravigliosa, gigantesca e unica città. Il calcio fu importato sul Rio de la Plata dagli operai dei cantieri navali, dai ferrovieri, dai panettieri simpatizzanti anarchici, tutti o quasi affiliati alla Federacion Obrera Region Argentina, sindacato di tendenza anarchica e capace, in soli tre anni, di dichiarare ben 775 scioperi.
Queste sono le origini e gli ideali ai quali, infatti, fanno riferimento squadre come ‘Los Martires de Chicago’, in memoria della rivolta di Haymarket, che poi diventeranno "Los Argentinos Juniors", quella squadra che ha dato i natali, calcisticamente parlando, a Diego Armando Maradona: il Dio del calcio.









A Buenos Aires c'è anche il più importante, famoso ed unico "clásico" del pianeta, che in quanto tale viene definito il Superclásico, c'è il derby del mondo: River contro Boca, Boca contro River. Tanto che persino gli inglesi, quelli che il calcio lo hanno inventato, si inchinano dinanzi al Superclásico di Buenos Aires, ammettendo che "Ogni appassionato di calcio sulla terra dovrebbe vedere almeno una volta, prima di morire, il Superclásico di Buenos Aires, un Boca - River".
Questa "Mecca" del calcio mondiale, si snoda dal sud al nord della capitale e viceversa , dove sorgono i rispettivi quartieri generali, gli stadi e i campi: la Bombonera e il Monumental. Núñez contro La Boca come Harlem contro Manhattan.

 

Non si puo' parlare di Buenos Aires, dell' Argentina e del suo calcio senza parlare di River e Boca, del Superclásico, perché tra queste due squadre leggendarie le cose non stanno come spesso vengono raccontate.
Come in un triller mozzafiato ciò che appare bianco in realtà qualche volta è nero e ciò che appare nero talvolta è bianco. Non è vero, per esempio, che esiste una divisione di classe sociale (i ricchi tifano River e i poveri Boca), ma sulle note di una bella canzone di De Gregori su Girardengo e Sante Pollastri è solo una storia di altri tempi, forse di prima del pallone, come tale va vista e raccontata, con una mente pronta ad osservare scenari immaginari e allo stesso tempo bellissimi.
Le due squadre nascono insieme, come due amici fraterni, come Sante e Costante, che poi litigano a morte, addirittura nello stesso quartiere, a pochi metri di distanza, nel pittoresco e meraviglioso barrio che è La Boca.  
Ma tra i due grandi rivali, i due fratelli coltelli d'Argentina, nacque subito una zuffa a causa della maglietta da indossare: i fondatori se la litigarono, almeno così si narra da sempre nelle strade del barrio, nella calle.   
La leggenda vuole che agli albori del secolo scorso, quando le due squadre sono nate nella Boca (il River nel 1901 e il Boca nel 1905), in un campetto polveroso del quartiere venisse giocata una leggendaria partita, una " partita fantasma ", proprio come quelle due misteriose fermate della metropolitana porteña (nella linea A, Pasco ed Alberti) dove il treno non ferma mai, per decidere chi dovesse avere la maglia più bella, con tanto di una palla  di stracci e cartone per alcuni, ma secondo altri con un pallone vero, regalato ai ragazzini da un marinaio di passaggio.


Quel primo e forse immaginario incontro pare lo vinse il River, che si aggiudicò per sempre la bellissima "camiseta" bianca con una banda trasversale rossa.



Quelli del Boca, sconfitti sì, ma non domi, non si persero d'animo e dopo la partita, come l'araba fenice che rinasce dalle proprie ceneri, si recarono al porto giurando a loro stessi che avrebbero adottato i colori della prima imbarcazione che vi sarebbe entrata. Giunse un' imbarcazione della Svezia, infatti i colori sociali del Boca Juniors sono ancora oggi quelli della bandiera svedese: giallo e blu.
A distanza di quasi un secolo vi fu una bella rivincita, perché secondo molti periodici specializzati e appassionati di calcio la maglia del Boca (in particolar modo quella del 1981, indossata quindi anche da Maradona) è da considerarsi la più bella maglia di calcio di tutti i tempi.
Si mescolano leggenda e realtà tra queste due mitiche squadre che sono quelle che suscitano più emozioni rispetto a tutte le altre in Argentina, in America del Sud, forse nel mondo: perché c'è un solo superclàsico e la sua non è una storia comune, come non lo è il quartiere, che ancora oggi è un barrio diverso da tutti gli altri. Non lo erano i loro fondatori, ragazzi italiani che verso la fine dell’ Ottocento vi misero piede, con la speranza di una vita senza fame e senza guerre.

La storia e il mito iniziarono proprio lì, in quel quartiere ancora oggi assurdo e senza una vera logica: turistico ma sporco e puzzolente, bellissimo e brutto al tempo stesso.
In mezzo alle pittoresche casette colorate di un legno spesso fradicio a causa del fiume e dell' umidità, ai tetti di metallo arrugginiti dalla pioggia, all'insopportabile puzza che ancora oggi viene dal Riachuelo. Nasce in questo piccolo pezzettino di Buenos Aires il mito del Boca contro il River, dei gemelli genovesi divisi alla nascita.
Uno sceglierà il nomignolo di Xeneises, che significa genovesi, l'altro, sempre in polemica con gli eterni rivali, i colori bianco e rosso della città di Genova.

Un quartiere con una fama pessima ed un aspetto all'apparenza persino peggiore, un covo di pescatori irascibili, tangueros appassionati e di leggendarie botole che trasformandosi in cunicoli si dice porterebbero fino al centrocampo della Bombonera, il mitico stadio del Boca Juniors. Un' arena contemporanea dove ogni partita diventa un' autentica bolgia grazie alla " 12 ", il dodicesimo "uomo" della squadra. Quel  particolare tifo che ad ogni gol si trasforma in valanga abbattendosi sulle recinzioni del campo quasi per sfondarle.
In un quartiere che è un autentico tempio dalla passione: dal calcio al tango, ma anche del buon pesce e del vino di Jujuy che annaffia la carne più buona e tenera del mondo, pieno di queste scalcinate bettole dove si balla, si mangia, si beve e si incontrano ragazze sensuali e bellissime.
Le due squadre nascono nello stesso quartiere ad inizio Novecento, ma è negli anni tra il '30 ed il '40 che a Buenos Aires si vive benissimo, perché la guerra non c'è. Il River Plate ha una squadra così perfetta, (l'equivalente oltreocèano del grande Torino), talmente forte che viene addirittura battezzata "La Máquina", tanto è preciso il meccanismo di gioco: velocità di pensiero, palla a terra, passaggi rapidi e gol. Niente a che vedere con la palla in avanti e pedalare del calcio europeo dell'epoca, dove infatti Don Alfredo da Barracas all'inizio stentò un po' a comprendere, poi la Saeta Rubia capì e portò a Madrid ben 5 Coppe dei Campioni consecutive. Iniziò così il mito del Real Madrid, in fondo nasce anch'esso da Buenos Aires.

Vendendo alcuni di questi grandi campioni il River esce dal quartiere dove è nato, in qualche modo perde l'età dell' innocenza, trasferendosi armi e bagagli addirittura nel quartiere più ricco, elegante e aristocratico della capitale (dove sta ancora oggi), ovviamente per fare uno spregio ai nemici di un tempo che fu: va a Núñez , al nord, lasciando i rivali da soli nella Boca. Ed è da allora, infatti, che il River viene anche chiamato "I millionarios", i milionari. In verità i tifosi del River amano anche definirsi "gallinas", letteralmente le galline oppure i polli, ma devono essere loro a farlo, ad ironizzare su se stessi, se osano farlo quelli del Boca è un' offesa gravissima. Resterà negli annali della storia del calcio il gesto di Carlitos Tevez, durante una semifinale di Libertadores del 2004 tra le due grandi rivali, che mima proprio una gallina che sbatte le ali, per irridere i tifosi avversari dopo un gol importantissimo. Espulsione diretta, senza giallo, tra lo stupore dei telecronisti di tutto il pianeta ma non dei loro colleghi di Buenos Aires. C'è da giurarci.

Queste due squadre si dividono tutto in Argentina e si dice addirittura che il Boca avrebbe il 50% più uno dei tifosi argentini, il resto al River; ovviamente non è così, ma è un fatto che le due squadre si sono divise qualsiasi cosa, persino i due più grandi calciatori della storia dell' Argentina e del pianeta (eccezion fatta per Pelè): Alfredo Di Stéfano e Diego Armando Maradona. Scuola River il primo, mito del Boca l'altro (anche se calcisticamente è nato nell'Argentinos Junior come Riquelme, ma entrambi sono xeneises di adozione) e una serie infinita di campioni conosciuti da qualsiasi appassionato: Sivori, Batistuta, il príncipe Francescoli, etc..
Persino i titoli si sono spartiti : il Boca ha più trofei internazionali, secondo solo al Milan in tal senso, ma il River Plate ha più scudetti, 36 titoli nazionali al momento.
Per tutto questo e anche di più il Superclásico puo' esistere solo a Buenos Aires, dove in quella giornata si dice che tiembla la terra (trema la terra) d' Argentina.  

Tuttavia, siccome è pura leggenda che il Boca ha il 50% più uno dei tifosi ed il River tutto il resto, esistono anche le altre squadre, invero uniche e mitiche quasi come il Boca e il River.  L'Independiente di Avellaneda, un enorme comune appena fuori, a sud della Capital Federal, che divide Avellaneda col Racing, addirittura in due diversi stadi: uno di fronte all'altro in un immaginario duello bonaerense (gli abitanti che risiedono fuori  dalla Capital Federal, detti invece porteni).

Anche l'Independiente, la squadra dei cosiddett diavoli rossi viene fondata nel 1905 come il Boca. E' una squadra vincente e con un' origine popolare e politica: ha vinto più Coppe Libertadores di chiunque altro in Sudamerica, (un po' come il Real Madrid in Europa con le sue 11 Champions League, cinque delle quali grazie all' immenso Di Stefano) e per questa ragione si autodefinisce "Il re di coppe", grazie a 7 vittorie su 7 finali disputate; il suo nome deriva appunto dal sogno di essere indipendenti da un padrone, servi di nessuno. La leggenda vorrebbe che anche il mitico colore della divisa, rosso, abbia una connotazione politica, ma la realtà è diversa: un presidente del club lo scelse perché ricordava la maglietta del Nottingham Forest. Tutto qui.

Un' altra squadra storica in Argentina è il San Lorenzo de Almagro, non fosse altro per essere la squadra del cuore papale. La squadra di Bergoglio, Francesco ha infatti la tessera del tifoso numero 88 235. Pare se la sia portata persino in Vaticano dopo l'elezione al Soglio di Pietro.

E allora, per chi è chi è credente, forse non è un caso che proprio nell'anno in cui Bergoglio è stato eletto pontefice (il 13 marzo del 2013) il San Lorenzo ha vinto il campionato argentino, in un finale al cardiopalma contro il Velez, poi anche la sua unica Coppa Libertadores.
Turisti e qualche appassionato distratto ritengono che il nome San Lorenzo de Almagro derivi da un bel quartiere di Buenos Aires, Almagro appunto, ma non è così.
Il nome, diciamo così, ha anch'esso origini "religiose", poiché la squadra nasce, come quasi tutte, a inizio '900 e prende il nome di un prete che decise di ospitare i ragazzetti che giocavano in strada nell'oratorio, Don Lorenzo Massa il suo nome. Dopo una tragedia: un ragazzino venne investito mentre giocava a pallone in strada. Infine il Velez Sarsfield, squadra del quartire Liniers, che guadagnò gli onori della cronaca per aver sconfitto il Milan di Capello nella finale di Coppa Intercontinentale de1994. 

Ancora oggi sul tabellone dello stadio va in onda una sintesi di quella partita intitolata da Liniers al tetto del mondo. E nota anche per aver portato due autentici bidoni in Italia, alla Roma: l'allenatore Carlos Bianchi, vincente in patria quanto pessimo in Italia e tale Trotta, un difensore che certamente non lasciò nessun ricordo positivo nella capitale.

Queste sono le sei grandi squadre di Buenos Aires: Boca Juniors, River Plate, Independiente, Racing, Velez Sarsfield e San Lorenzo.

Fuori dalla capitale troviamo Messi contro il Che, infatti sono assai note e tifate il Rosario Central, appunto la squadra del rosarino più famoso del mondo, l'eroe della rivoluzione cubana, ed i loro rivali cittadini del Newell's Old Boys, che hanno dato i natali a Lionel Messi. Rispettivamente "le canaglie" e i "lebbrosi" negli sfottò del derby cittadino. Poi c'è l'Estudiantes de la Plata, capitale della Provincia di Buenos Aires, protagonista in negativo della finale del 1969 col Milan. Una battaglia dentro e fuori dal campo.



Senz'altro sono squadre minori, però da citare, l'Argentinos Juniors, che a parere di chi scrive per anni è stata una delle migliori fucine di talenti calcistici del mondo, non a caso è la squadra dove è nato Maradona. Il tutto grazie al più grande scopritore di talenti argentini: Francisco Comejo, un impiegato di banca che, appena chiuso il suo sportello alle 17 in punto, si fiondava a vedere i ragazzetti poveri di Buenos Aires e dintorni giocare nei campetti polverosi e senza erba nella sconfinata periferia, coi soliti palloni fatti di stracci.
Infine il Lanus, la squadra della zona dove è nato Maradona (Villa Fiorito la località precisa), nel sud povero della grande Buenos Aires.



Il Lanus veste la sacra maglietta color granata del Torino, sì proprio del "Gran Toro", col quale è gemellato da sempre, in onore a quella che forse è stata la squadra italiana più nota, temuta e in fondo amata di tutti i tempi, anche per la sua tragica fine a Superga, oltre all'immenso talento.
Anche da questo si evince che in fondo sì, il calcio lo avranno pure inventato gli inglesi, lo interpreteranno al meglio gli argentini, ma c'è sempre molto anche di italiano in Argentina, come del resto dimostrano le origini genovesi del solo ed unico superclásico tra River e Boca, Boca e River.
Sempre loro, solo loro.
SHARE

Unknown

  • Image
  • Image
  • Image
  • Image
  • Image
    Blogger Comment
    Facebook Comment

0 commenti:

Posta un commento